Dana Tomsa Oberhoffer

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Aggiunto il 19 gen 2008

V.i.t.r.i.o.l.- Tecnica mista/carta fatta a mano (contiene coloranti e vernici composte da sostanze vegetali e minerali; la tecnica prevede vari e molteplici passaggi e sovrapposizioni di stesure pittoriche)


Tecnica ideata e utilizzata in via esclusiva :

” Mi viene in mente, pensando all’opera pittorica di Dana Tomsa, quella volta in cui mi capitò a trovarmi dinnanzi alle cascate delle Marmore. Ero li come molta gente, in silenzio rapito da quella impetuosa materia liquida che precipitava senza interruzioni, da sempre. In quell’acqua forte, turbinosa, nelle sue sovrapposizioni chiare e trasparenti, a tratti cosi intense da apparire addirittura cupe, avvertivo la sua origine: la montagna che la partoriva. D’improvviso ero quell’acqua, destinata alla quiete del suo mare. Diventato io stesso quell’elemento, ero quella vicenda, ero in quella sorte.
Tutto ciò si lega perfettamente con l’atmosfera pregnante dell’opera pittorica di Dana Tomsa. E una visione dapprima delicata e discreta per diventare subito intensa, quasi liturgica. E’ una tensione cromatica che diviene stesura musicale dai suoi chiaroscuri emerge infine poesia. Le parole poco offrono all’indubbia efficacia visiva delle sue opere. E’ prorompente, delicata, non vi è mai in essa alcuna incertezza. Sembra addirittura che l’artista è spinta da un furore creativo, impellente, tanto che ogni singolo dipinto sprigiona dinamismo. Addirittura si presenta come una porta o una finestra che invitano ad entrare ad affacciarsi o a partecipare.
Nell’opera di Dana Tomsa si respira un’epoca fiera ancora della sua progenie, ma ostinata e superba, distaccata dal passato già ruggine per l ’avvenire. Il colore si addensa e si dilata creando luoghi momentanei, privi di definizione; si concentra poi senza alcuna interruzione per divenire forma che lascia ancora intendere altri avvenimenti.
Figure solitarie, bambini, clowns, donne di antica bellezza appaiono sospesi ed indifesi nel confronto con sculture mitologiche ed angeli infine rassegnati, forme e luoghi diversi creati con una tecnica vigorosa ed elaborata, ostinata e rigorosa, attendono o presagiscono eventi dentro uno spazio cromatico che ribolle di tensione e si espande ben oltre il confine della cornice.”
Claudio Barletta (1996)

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